Sarà il mese di agosto, sarà che in questo periodo le città un po si svuotano e nei pomeriggi assolati c'è uno strano silenzio, una desolazione che è pace forse un tempo più di adesso. In questo periodo sempre ricorre in me il ricordo di quel caldo asfissiante di una domenica e il deserto di un quartiere di periferia, inevitabilmente i miei ricordi si incrociano a quelli delle città in cui ho vissuto, tra cui Torino, altrettanto vuote e mi trovo trasportata nel silenzio metafisico di De Chirico.
Il silenzio è una condizione strana per l'uomo e ho sempre pensato che sia disposto in strati, c'è chi lo teme, c'è chi lo cerca e per chi è una condizione di vita, a volte forzata, a volte voluta, io l'ho sempre inseguito, l'ho sempre voluto nelle mie ore, a volte mi sono scoperta a trovarlo anche in mezzo alla gente, a guardare tutto da dietro un vetro, come se tutto ciò avessi davanti fosse un filmato senza audio. A volte lo ritrovo vicino quando inseguo l'eco di voci lontane o quando intorno a me non c'è nessuno e posso concentrarmi su quei rumori sommessi che solitamente passano inosservato, che non riusciamo a cogliere normalmente. A volte riesco a trovarlo anche dentro di me, tra un pensiero ed un altro tanto da trasalire nel reale rumore che si manifesta improvvisamente.
Mi ritrovo ad essere quindi quella figura vestita di bianco ne “L'enigma dell'ora” che attende, forse riflette oppure nascosta dietro il pilastro a sinistra in “Melanconia” di cui vedo solo la mia ombra stagliata e allungata lungo la piazza ad osservare la statua di Arianna, ma in realtà credo di essermi persa in questo pomeriggio nel labirinto de “Il viaggio inquietante”. Osservo da lontano quel treno fermo alla stazione con il desiderio di partire, di andare lontano.
" Quanto manca alla vetta ?
Tu sali e non pensarci! "
Probabilmente dovremmo godere del momento, del silenzio, del mistero che ogni giorno riveste i minuti e le ore che si susseguono e vivere l'avventura.
Nell'attesa sembra che si faccia questo nei quadri di De Chirico e forse anche in quel pomeriggio di agosto di molti anni fa io facevo questo, meravigliarmi della desolazione.
A volte desideriamo così tanto alcune cose e ci si rende conto che poi quello che finalmente stringiamo non è ciò di cui abbiamo bisogno. A volte penso che probabilmente ci hanno inculcato così tanto bene le leggi di una società già preconfezionata e che spesso non riusciamo ad indossare così come ci dicono che sarebbe bene fare. In tutto questo sistema, dove tutto sembra già sistemato su uno scaffale che è li da secoli e su cui tutti hanno riposto qualcosa seguendo sempre lo stesso ordine, io mi trovo sempre a domandarmi se lo spazio non possa essere suddiviso in maniera più efficiente o semplicemente in maniera diversa, comincio ad agitare la scatola della mia vita e a tirare fuori tutto ciò che gli altri ci hanno messo, tutto quello che mi ci hanno fatto mettere scegliendo per me e mi rendo conto che solo in una minima percentuale di tutto ciò che mi hanno dato in dotazione, mi serve.. il resto dovrò costruirlo all'occorrenza con le mie mani, camminando, sudando. Ed è doppiamente più difficile perchè in molti continuano a sistemare quello scaffale sempre allo stesso modo, senza preoccuparsi di cosa hanno realmente bisogno, decidendo di ignorare un qualsiasi malessere, un qualsiasi dubbio, ed è per questo che la gente teme il silenzio, perchè nella solitudine siamo soli con noi stessi e non ci resta che guardare in faccia le nostre debolezze, le nostre disillusioni, i nostri fallimenti, ma anche i nostri sogni.
E preferibile ignorare o conoscere per cambiare?
Sinceramente io preferisco la seconda e non importa quando dovrò strisciare per il semplice fatto che i sognatori non sono conformi alle regole della società, preferisco il pensiero al materiale, un gesto ad un oggetto.
Possiamo essere creatori dei nostri momenti, dovremmo solo prenderne coscienza e parlare a noi stessi con sincerità, domandarci cosa vogliamo essere per noi stessi adesso..
Tu chi vuoi essere adesso?
Ela Bì -Koi-