Malinconia: Stato d’animo tetro, depresso e accidioso e insieme meditativo e contemplativo, occasionale o abituale, che era attribuito al prevalere di quell’umore rispetto agli altri nella struttura organica dell’individuo.
Questa è la definizione che si ha nella comune concezione che troviamo su una qualsiasi enciclopedia, eppure se guardo a quell'alone che s'irradia attorno a questo stato d'animo so che non può essere così semplice la definizione, poiché spesso questo è parte di un processo di creazione.
Avverto la Malinconia come una mancanza di qualcosa, come un piccolo vuoto diffuso nel petto che si fa avanti in un momento inaspettato e che forse rimane li fino a che non si riesce a riempirlo di qualcosa.
La malinconia è uno stato d'animo che fa parte dell'arte, dell'artista, di ciò che siamo, del mondo stesso. Ne abbiamo diverse manifestazioni, come in“Melencolia” di Durer, in cui la donna in uno stato emotivo particolarmente cupo incarna l'animo stesso alla base di un particolare processo di trasformazione che è quello alchemico, sembra annegare nei propri pensieri arrovellarsi e torturarsi la mente stessa come processo di purificazione, probabilmente o alla scoperta di una possibile soluzione per uscire dal nero in cui è piombata.
In quest'opera, in cui sono evidenti i simboli dell'alchima la malinconia è lo stadio più basso, che viene chiamato anche nigredo, è l'inizio del processo, la base da cui partire per elevarsi ed essere altro, per giungere a quello che viene definito rubedo. In questa prospettiva troviamo fondamento anche nella significato della parola stessa che deriva dal greco melancholía, composto di mélas, mélanos (nero) e cholé (bile), quindi bile nera.
Mi ritrovo a condividere all'inizio di quest'anno il concetto antico di Malinconia quale dolce oblio in cui rifugiarsi, in cui sprofondare e sparire forse anche, alla ricerca di me stessa e di un'intima pace.
Nel corso degli anni il tema è stato ripreso diverse volte anche da Hayes nel “Pensiero Malinconico” in cui le fanciulla al centro del quadro sembra quasi essere in attesa di qualcosa, che avverto come romantico, forse quell'amore sconosciuto e atteso che non giunge o come quell'amore che se n'è andato. La sua spalla scoperta sembra quasi il denudarsi dell'anima che diviene arrendevole nei confronti di questo lasciarsi andare senza cura, senza riserve. Lo stesso avviene nell'”Odalisca” con il suo sguardo rivolto verso il basso nella contemplazione di un nulla bel più profondo di ciò che vediamo ad occhio nudo, eppure che si avverte ricco di ineffabili pensieri, forse di quel dolore stesso che si manifesta senza artifici nella solitudine, qui non riesco a non essere vittima del fascino di ciò che è inafferrabile, quasi incomprensibile.
Questa è la definizione che si ha nella comune concezione che troviamo su una qualsiasi enciclopedia, eppure se guardo a quell'alone che s'irradia attorno a questo stato d'animo so che non può essere così semplice la definizione, poiché spesso questo è parte di un processo di creazione.
Avverto la Malinconia come una mancanza di qualcosa, come un piccolo vuoto diffuso nel petto che si fa avanti in un momento inaspettato e che forse rimane li fino a che non si riesce a riempirlo di qualcosa.
La malinconia è uno stato d'animo che fa parte dell'arte, dell'artista, di ciò che siamo, del mondo stesso. Ne abbiamo diverse manifestazioni, come in“Melencolia” di Durer, in cui la donna in uno stato emotivo particolarmente cupo incarna l'animo stesso alla base di un particolare processo di trasformazione che è quello alchemico, sembra annegare nei propri pensieri arrovellarsi e torturarsi la mente stessa come processo di purificazione, probabilmente o alla scoperta di una possibile soluzione per uscire dal nero in cui è piombata.
In quest'opera, in cui sono evidenti i simboli dell'alchima la malinconia è lo stadio più basso, che viene chiamato anche nigredo, è l'inizio del processo, la base da cui partire per elevarsi ed essere altro, per giungere a quello che viene definito rubedo. In questa prospettiva troviamo fondamento anche nella significato della parola stessa che deriva dal greco melancholía, composto di mélas, mélanos (nero) e cholé (bile), quindi bile nera.
Mi ritrovo a condividere all'inizio di quest'anno il concetto antico di Malinconia quale dolce oblio in cui rifugiarsi, in cui sprofondare e sparire forse anche, alla ricerca di me stessa e di un'intima pace.
Nel corso degli anni il tema è stato ripreso diverse volte anche da Hayes nel “Pensiero Malinconico” in cui le fanciulla al centro del quadro sembra quasi essere in attesa di qualcosa, che avverto come romantico, forse quell'amore sconosciuto e atteso che non giunge o come quell'amore che se n'è andato. La sua spalla scoperta sembra quasi il denudarsi dell'anima che diviene arrendevole nei confronti di questo lasciarsi andare senza cura, senza riserve. Lo stesso avviene nell'”Odalisca” con il suo sguardo rivolto verso il basso nella contemplazione di un nulla bel più profondo di ciò che vediamo ad occhio nudo, eppure che si avverte ricco di ineffabili pensieri, forse di quel dolore stesso che si manifesta senza artifici nella solitudine, qui non riesco a non essere vittima del fascino di ciò che è inafferrabile, quasi incomprensibile.
Mi sto lasciando andare a mia volta e in questo frugare alla ricerca di validi motivazioni mi sono imbattuta in un'altra malinconia, forse gemella a tante altre nella desolazione di cui si circonda, quella di Savinio di cui i volti, seppur spesso non umani non riescono a nascondere quella sorta di disagio, appunto, di malinconia che lo sguardo tradisce; in un'attesa davanti alla finestra o di quel corpo che di spalle rimane riverso sulla spiaggia con lo sguardo verso quel mare, non sembra anch'essa un'attesa?
Egli stesso afferma che la “MALINCONIA è afflizione dell'anima affine alla tristezza, ma questa affligge più vivamente (più materialisticamente). Anche se cupa e profonda, la malinconia trova ancora sorgenti di tenerezza. Si direbbe che essa ha per carattere la dolcezza. La tristezza è disperata, la malinconia viene nelle 'soste' della speranza. Se tanta malinconia è negli antichi, è perché l'immortalità, quell'immortalità 'terrestre' cui essi erano destinati (o 'condannati') esclude la speranza. Arte vera è spesso malinconica, ma triste mai. In fondo la differenza fra tristezza e malinconia è questa, che la tristezza esclude il pensiero, la malinconia se ne alimenta. Guardate come 'pensa' la Malinconia di Durer. Socrate, nel Fedone, dice che una divinità avendo tentato un giorno di confondere il dolore e la volluttà, e non essendo riuscita, fece in modo che almeno in un punto aderissero assieme."
Egli stesso afferma che la “MALINCONIA è afflizione dell'anima affine alla tristezza, ma questa affligge più vivamente (più materialisticamente). Anche se cupa e profonda, la malinconia trova ancora sorgenti di tenerezza. Si direbbe che essa ha per carattere la dolcezza. La tristezza è disperata, la malinconia viene nelle 'soste' della speranza. Se tanta malinconia è negli antichi, è perché l'immortalità, quell'immortalità 'terrestre' cui essi erano destinati (o 'condannati') esclude la speranza. Arte vera è spesso malinconica, ma triste mai. In fondo la differenza fra tristezza e malinconia è questa, che la tristezza esclude il pensiero, la malinconia se ne alimenta. Guardate come 'pensa' la Malinconia di Durer. Socrate, nel Fedone, dice che una divinità avendo tentato un giorno di confondere il dolore e la volluttà, e non essendo riuscita, fece in modo che almeno in un punto aderissero assieme."
Mi piace soffermarmi sulla ragione che la malinconia si nutre del pensiero, di ciò che si annida nella mente e che non è quindi fine a se stessa, ma forse è il preambolo, una sorta di preparazione intima e inconscia per la realizzazione di qualcosa che attende solo di venire fuori e forse capace di colmare, seppur momentaneamente il vuoto di una ricerca più grande.
Guardo le mie mani e scavo dentro di me graffiando i pensieri stessi, i ricordi, cercando di raccogliere tra le dita i resti dei sogni scomparsi o dimenticati, in questo forse la malinconia ha ragione di esistere in maniera invincibile e mi è quasi naturale e dolce abbandonare il mondo a cui tutti siamo abituati per cercare le giuste parole, la giusta espressione e trovarvi in essa l'ispirazione. Solco i confini di ciò che chiamano solitudine e tristezza, restando sul limite del letto di un fiume in piena, cedendo a volte alla pulsione della paura di ritornare ad una normalità in realtà fittizia, ma poi la volontà di lasciarsi accogliere dalle acque è maggiormente forte e dunque m'immergo e prima di riprendere a nuotare per salvarmi, mi lascio semplicemente cullare.
Dal sogno che quella nenia dolce porta alla mia mente qualcosa nascerà.
Ela Bì -Koi-
Guardo le mie mani e scavo dentro di me graffiando i pensieri stessi, i ricordi, cercando di raccogliere tra le dita i resti dei sogni scomparsi o dimenticati, in questo forse la malinconia ha ragione di esistere in maniera invincibile e mi è quasi naturale e dolce abbandonare il mondo a cui tutti siamo abituati per cercare le giuste parole, la giusta espressione e trovarvi in essa l'ispirazione. Solco i confini di ciò che chiamano solitudine e tristezza, restando sul limite del letto di un fiume in piena, cedendo a volte alla pulsione della paura di ritornare ad una normalità in realtà fittizia, ma poi la volontà di lasciarsi accogliere dalle acque è maggiormente forte e dunque m'immergo e prima di riprendere a nuotare per salvarmi, mi lascio semplicemente cullare.
Dal sogno che quella nenia dolce porta alla mia mente qualcosa nascerà.
Ela Bì -Koi-