Momenti di osservazione in questi giorni hanno richiamato la mi attenzione su diverse cose, come in una malinconica melodia leggera mi sono ritrovata a guardare i giocattoli di mia nipote lasciati al sole, come piccole città abbandonate, disabitate dall'eco della sua voce.
Per quanto sia stata sempre una persona con la testa tra le nuvole e mai con i piedi ben piantati a terra, mi chiedo, adesso che resto a guardare mia nipote che gioca, quando ho smesso di sognare? Quando ho smesso di parlare con me stessa e di fantasticare? Quando ho smesso di giocare e pensare che quello che creo è vero?
Spesso emerge l'insofferenza verso un modo di vivere che ritrovo strano, senza avventura e privo di fantasia.
Penso ci sia stato un momento in cui ho dimenticato di raccogliere i miei giochi lasciandoli da qualche parte, senza nemmeno rendermene conto, forse troppo abituata ad averli con me per considerarli importanti.
Chissà se qualcuno li ha trovati...ammucchiati da una parte in attesa di essere scoperti e di svelare il loro misterioso potere.
Come se potessi viaggiare nel tempo e nello spazio ne ritrovo una somiglianza nei quadri di Savinio, (Objets abandonnés dans la forêt – Ojets dan la forêt), in cui è facile riscoprire il senso dell'avventura che caratterizza l'infanzia, in cui si respira l'età primordiale dell'animo umano che inevitabilmente collima con l'idea stessa del viaggio e dell'ignoto, della sorpresa che si riversa ne “L'isola del tesoro” un mondo perfetto e nuovo, privo delle nefandezze di cui l'uomo è capace di commettere nell'egoismo e nella presunzione. A guardare le differenziazione di colore attuato dall'artista mi pare che egli ponga l'attenzione ora sul paesaggio, ora sugli oggetti, lasciandoci forse liberi di porre lo sguardo su ciò di cui abbiamo bisogno al momento, eppure non posso non vedere, un velo di nostalgia, forse la stessa che colgo in me quando guardo i giochi di mia nipote, quando mi sento ormai disillusa.
Per quanto sia stata sempre una persona con la testa tra le nuvole e mai con i piedi ben piantati a terra, mi chiedo, adesso che resto a guardare mia nipote che gioca, quando ho smesso di sognare? Quando ho smesso di parlare con me stessa e di fantasticare? Quando ho smesso di giocare e pensare che quello che creo è vero?
Spesso emerge l'insofferenza verso un modo di vivere che ritrovo strano, senza avventura e privo di fantasia.
Penso ci sia stato un momento in cui ho dimenticato di raccogliere i miei giochi lasciandoli da qualche parte, senza nemmeno rendermene conto, forse troppo abituata ad averli con me per considerarli importanti.
Chissà se qualcuno li ha trovati...ammucchiati da una parte in attesa di essere scoperti e di svelare il loro misterioso potere.
Come se potessi viaggiare nel tempo e nello spazio ne ritrovo una somiglianza nei quadri di Savinio, (Objets abandonnés dans la forêt – Ojets dan la forêt), in cui è facile riscoprire il senso dell'avventura che caratterizza l'infanzia, in cui si respira l'età primordiale dell'animo umano che inevitabilmente collima con l'idea stessa del viaggio e dell'ignoto, della sorpresa che si riversa ne “L'isola del tesoro” un mondo perfetto e nuovo, privo delle nefandezze di cui l'uomo è capace di commettere nell'egoismo e nella presunzione. A guardare le differenziazione di colore attuato dall'artista mi pare che egli ponga l'attenzione ora sul paesaggio, ora sugli oggetti, lasciandoci forse liberi di porre lo sguardo su ciò di cui abbiamo bisogno al momento, eppure non posso non vedere, un velo di nostalgia, forse la stessa che colgo in me quando guardo i giochi di mia nipote, quando mi sento ormai disillusa.
Mi riscopro spesso a voler abbandonare questa che viene chiamata “civiltà” ma che nulla ha a che fare con la vera civiltà e a cercare quel contatto con una natura quieta, che accoglie e protegge, ma temibile anche, di cui facciamo parte, ma in una misura immensamente piccola; dovremmo avere soltanto l'umiltà di ascoltare, di osservare e lasciarci affascinare.
Ancor prima di riuscire a pensare come potesse essere il mondo degli adulti ho desiderato di non crescere, ma questo è successo ancor prima che fosse giusto il tempo e ci sono rimasta incastrata. In questo grigiore fatto di dovere che viene imposto qualcosa dentro di me si agita come un uccello in gabbia con il desiderio del cielo. Non posso biasimare Icaro che ha cercato con tutto se stesso quella libertà a costo della vita, ha vissuto tuttavia il proprio desiderio e ha raggiunto la fine consapevole, forse azzardando nel desiderare troppo, ma con la felicità di essere arrivato dove altri avrebbero voluto e nell'alone di questa sfumatura romantica che circonda questo personaggio, l'arte, di qualsiasi natura, riconosce sempre la grandezza del coraggio che ci vuole per affrontare la solitudine nella ricerca di se stessi e del proprio posto.
Come si esce da tutto questo senza sprecare alcuna stilla di sogno?
Cercando di aprire la gabbia e abbandonare le ali al vento, cercando di liberare la mente e creare un mondo nuovo, fatto su misura, lontano da ciò che consideriamo errato per noi, troppo stretto per contenere le aspirazioni e i desideri.
Mi ritrovo improvvisamente a pensare di poter ancora giocare, di poter ancora inventare, di essermi persa tra i giochi di Savinio e di mia nipote, tra le magie del mondo, quelle che la gente poi non vede più.
Ela Bì -Koi-
Ancor prima di riuscire a pensare come potesse essere il mondo degli adulti ho desiderato di non crescere, ma questo è successo ancor prima che fosse giusto il tempo e ci sono rimasta incastrata. In questo grigiore fatto di dovere che viene imposto qualcosa dentro di me si agita come un uccello in gabbia con il desiderio del cielo. Non posso biasimare Icaro che ha cercato con tutto se stesso quella libertà a costo della vita, ha vissuto tuttavia il proprio desiderio e ha raggiunto la fine consapevole, forse azzardando nel desiderare troppo, ma con la felicità di essere arrivato dove altri avrebbero voluto e nell'alone di questa sfumatura romantica che circonda questo personaggio, l'arte, di qualsiasi natura, riconosce sempre la grandezza del coraggio che ci vuole per affrontare la solitudine nella ricerca di se stessi e del proprio posto.
Come si esce da tutto questo senza sprecare alcuna stilla di sogno?
Cercando di aprire la gabbia e abbandonare le ali al vento, cercando di liberare la mente e creare un mondo nuovo, fatto su misura, lontano da ciò che consideriamo errato per noi, troppo stretto per contenere le aspirazioni e i desideri.
Mi ritrovo improvvisamente a pensare di poter ancora giocare, di poter ancora inventare, di essermi persa tra i giochi di Savinio e di mia nipote, tra le magie del mondo, quelle che la gente poi non vede più.
Ela Bì -Koi-