Non scrivevo da molto, seppur avessi il presentimento dell'argomento, non sapevo però come tradurlo in parole, ogni tanto capita e tutto resta in incubazione per un tempo non determinato, che può protrarsi finchè non trova il giusto modo o canale per venire fuori. Questo è successo alle prime ore del mattino, circa le 4, mi sono seduta e ho scritto questo articolo pensando a che direzione voglio intraprendere con questo blog.
Parlare di arte è meraviglioso, ma spesso parlarne semplicemente non è il modo giusto per avvicinarla a tutti, mentre è proprio verso quest'ultimo fine che cerco di muovermi.
Con la vita che si conduce è normale sentire un po di frustrazione, seppur non dovrebbe essercene per nulla, ma riscontro sempre più spesso questo stato d'animo e il bisogno di colore, di evasione, di sentire, ogni tanto, come una sorta di repressione alla creatività.
Partiamo dal presupposto che per dipingere e creare non occorre essere artisti; la creazione è una componente insita in ognuno di noi, anche in chi pensa di non essere creativo, ma più di tutto è importante comprendere che spesso il processo creativo nasce dal bisogno che solo alcune persone assecondano, quelle che hanno mantenuto una sorta di canale aperto tra i sogni e la vita, tuttavia nulla è perduto e tutto si può riconquistare.
Come?
Andando alla scoperta di quale piacere ci precludiamo e di quale benessere potremmo trarne.
Amo l'arte a 360° e ciò che amo maggiormente dell'arte è il suo potere comunicativo. Ho visto come nei bambini sia molto forte il senso di soddisfazione che spesso non si prova più crescendo e che deriva dalla condizione di creazione. Personalmente penso che l'arte e la creatività siano fondamentali nella vita, allo stesso modo di fare sport. Il movimento fisico allena il corpo, la creazione aiuta lo spirito a scrollarsi di dosso le tensioni accumulate da una realtà che può essere frenetica, difficile, pesante; come una sorta di meditazione. Entrando in connessione con noi stessi, cercando una comunicazione con il nostro stato d'animo, guardandolo in faccia invece di ignorare il nostro malessere, cercando il punto nevralgico del sentimento, può essere riconosciuto e tirato fuori.
Potremmo chiamarla meditazione artistica o semplicemente non chiamarla affatto perchè non è nel formalismo che dovremmo camminare. Non credo si debba guardare l'arte come a qualcosa di lontano, come qualcosa che non ci appartiene, seppur non la pratichiamo attivamente, questo modo di vedere le cose mette distanze che limitano alla condizione del “guardare”, il che ci consente semplicemente di poter affermare “mi piace” o “non mi piace” guardando una qualsiasi opera o addirittura relegarci ad una condizione maggiormente superficiale quando consideriamo qualcosa come “bella” o “brutta”. In realtà bisognerebbe imparare ad osservare , sentire, cercare di capire e chiederci “perchè?”. Questa semplice domanda ci eleva ad un livello ben più alto, ci consente di restare neutrali, di godere come di una pace con cui si riesce a restare da soli con l'opera, escludendo pensieri e preconcetti così da lasciare la coscienza libera di assimilare, imparare, assorbire e desiderare, forse anche di sognare .
Non mi fermerò su un'opera o su un'altra in quest'articolo perchè dopo aver guardato ad alcune considerazioni passate credo sia arrivato il momento di imparare a far uscire il senso della meraviglia che resta sopito normalmente, quando nel crescere dimentichiamo che siamo stati bambini e che meravigliarci era sempre un modo unico di guardare il mondo.
Credo sia arrivato il momento di essere non solo osservatori, ma anche creatori e liberare l'animo dalle schifezze che la società ci fa passare come uniche strade possibili.
L'arte siamo noi e non lo sappiamo, e l'atto della creazione è di tutti, perchè di fatto ognuno di noi ogni giorno crea qualcosa, nelle piccole cose quotidiane, bisogna solo aprire gli occhi su ciò che siamo e su cosa proviamo. Non importa che questo processo creativo si manifesti con la pittura, con i colori, con la musica, nelle attività manuali, con la scultura o con qualsiasi altra forma, l'importante è sentire la leggerezza dell'animo davanti a ciò che ha assorbito quel bisogno, quel malessere, che impresso altrove ci ha lasciati liberi.
Parlare di arte è meraviglioso, ma spesso parlarne semplicemente non è il modo giusto per avvicinarla a tutti, mentre è proprio verso quest'ultimo fine che cerco di muovermi.
Con la vita che si conduce è normale sentire un po di frustrazione, seppur non dovrebbe essercene per nulla, ma riscontro sempre più spesso questo stato d'animo e il bisogno di colore, di evasione, di sentire, ogni tanto, come una sorta di repressione alla creatività.
Partiamo dal presupposto che per dipingere e creare non occorre essere artisti; la creazione è una componente insita in ognuno di noi, anche in chi pensa di non essere creativo, ma più di tutto è importante comprendere che spesso il processo creativo nasce dal bisogno che solo alcune persone assecondano, quelle che hanno mantenuto una sorta di canale aperto tra i sogni e la vita, tuttavia nulla è perduto e tutto si può riconquistare.
Come?
Andando alla scoperta di quale piacere ci precludiamo e di quale benessere potremmo trarne.
Amo l'arte a 360° e ciò che amo maggiormente dell'arte è il suo potere comunicativo. Ho visto come nei bambini sia molto forte il senso di soddisfazione che spesso non si prova più crescendo e che deriva dalla condizione di creazione. Personalmente penso che l'arte e la creatività siano fondamentali nella vita, allo stesso modo di fare sport. Il movimento fisico allena il corpo, la creazione aiuta lo spirito a scrollarsi di dosso le tensioni accumulate da una realtà che può essere frenetica, difficile, pesante; come una sorta di meditazione. Entrando in connessione con noi stessi, cercando una comunicazione con il nostro stato d'animo, guardandolo in faccia invece di ignorare il nostro malessere, cercando il punto nevralgico del sentimento, può essere riconosciuto e tirato fuori.
Potremmo chiamarla meditazione artistica o semplicemente non chiamarla affatto perchè non è nel formalismo che dovremmo camminare. Non credo si debba guardare l'arte come a qualcosa di lontano, come qualcosa che non ci appartiene, seppur non la pratichiamo attivamente, questo modo di vedere le cose mette distanze che limitano alla condizione del “guardare”, il che ci consente semplicemente di poter affermare “mi piace” o “non mi piace” guardando una qualsiasi opera o addirittura relegarci ad una condizione maggiormente superficiale quando consideriamo qualcosa come “bella” o “brutta”. In realtà bisognerebbe imparare ad osservare , sentire, cercare di capire e chiederci “perchè?”. Questa semplice domanda ci eleva ad un livello ben più alto, ci consente di restare neutrali, di godere come di una pace con cui si riesce a restare da soli con l'opera, escludendo pensieri e preconcetti così da lasciare la coscienza libera di assimilare, imparare, assorbire e desiderare, forse anche di sognare .
Non mi fermerò su un'opera o su un'altra in quest'articolo perchè dopo aver guardato ad alcune considerazioni passate credo sia arrivato il momento di imparare a far uscire il senso della meraviglia che resta sopito normalmente, quando nel crescere dimentichiamo che siamo stati bambini e che meravigliarci era sempre un modo unico di guardare il mondo.
Credo sia arrivato il momento di essere non solo osservatori, ma anche creatori e liberare l'animo dalle schifezze che la società ci fa passare come uniche strade possibili.
L'arte siamo noi e non lo sappiamo, e l'atto della creazione è di tutti, perchè di fatto ognuno di noi ogni giorno crea qualcosa, nelle piccole cose quotidiane, bisogna solo aprire gli occhi su ciò che siamo e su cosa proviamo. Non importa che questo processo creativo si manifesti con la pittura, con i colori, con la musica, nelle attività manuali, con la scultura o con qualsiasi altra forma, l'importante è sentire la leggerezza dell'animo davanti a ciò che ha assorbito quel bisogno, quel malessere, che impresso altrove ci ha lasciati liberi.